Recovery Fund, Smap: investire sul green in Sicilia, non sprecare risorse

Recovery Fund, Smap: investire sul green in Sicilia, non sprecare risorse

Per cogliere al meglio le opportunità offerte dal Recovery Fund è necessario programmare investimenti che siano produttivi nel tempo e non lascino alle giovani generazioni solo debiti da pagare per costruire cattedrali nel deserto. Serve un nuovo modello di sviluppo economico in cui il green svolga un ruolo da protagonista, con una serie di interventi che vanno dalla messa in sicurezza del territorio all’ampliamento della superficie boscata, dal rafforzamento della filiera foresta-legno-energia alla valorizzazione di nuovi modelli di gestione e fruizione del patrimonio ambientale. E’ necessario che in Sicilia il governo regionale apra un confronto serio con sindaci, amministratori, professionisti, sindacati, università per ascoltare le istanze che arrivano dai territori.

Sono questi, in estrema sintesi, alcuni dei concetti più volte sottolineati durante l’incontro online dal titolo ”Rimboschimento e Recovery Fund, quali opportunità per la Sicilia?”, promosso dalla Smap il 25 novembre 2020. I comuni che fanno parte della  Smap Spa sono: Alessandria della Rocca, Bivona, Burgio, Cammarata, Casteltermini, Cianciana, Lucca Sicula, Palazzo Adriano, Sant’Angelo Muxaro, San Biagio Platani, San Giovanni Gemini, Santo Stefano Quisquina. Al primo incontro, che prelude un prossimo appuntamento con il ministro per il Sud Giuseppe Provenzano, hanno partecipato la presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali di Agrigento Maria Giovanna Mangione, l’avvocato ed esperta di fondi comunitari Andreana Patti, il segretario generale della Cgil Sicilia Alfio Mannino, il coordinatore tecnico della Snai Madonie Alessandro Ficile e i docenti della facoltà di Agraria dell’università di Palermo Pietro Columba, Donato La Mela Veca e Luca Altamore.

“Il Recovery Fund – ha sottolineato il presidente della Smap Giovanni Panepinto – rappresenta un’occasione importante anche sul fronte della gestione forestale sostenibile che la Sicilia non può farsi sfuggire. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza l’agricoltura gioca un ruolo fondamentale e sono previsti anche contributi per la filiera foresta-legno-energia che si aggiungono all’attività di rimboschimento e miglioramento dei boschi esistenti. Come Smap, nel tentativo di poter cogliere questa grande opportunità, presenteremo alla Regione un documento con una serie di proposte elaborate con il contributo professionisti, docenti universitari, sindacalisti, sindaci e amministratori”.

“Quella del Recovery Fund – ha detto la presidente dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali di Agrigento Maria Giovanna Mangione – è un’opportunità che non possiamo farci scappare: ci sono fondi disponibili verso risorse che possono avere una progettualità concreta, che è quella dell’agroecologia, di un turismo ecosostenibile, di un ampliamento dei boschi che diventano non soltanto il polmone vivente della nostra realtà ma anche una risorsa di educazione. Occorre ritornare a una sostenibilità ambientale che è anche a una sostenibilità economica e sociale. Il Covid dovrebbe farci riflettere molto, facciamo sì che queste esperienze negative possano insegnarci a vivere e ad affrontare meglio una nuova realtà e non a dimenticare quello che è il vivere sempre in un’era di consumismo sfrenato che sta portando al collasso del nostro pianeta”.

“Con il Recovery Fund – ha puntualizzato l’avvocato ed esperta di fondi comunitari Andreana Patti – stiamo indebitando le nuove generazioni. Quindi tutto ciò che noi non investiremo oggi comunque varrà in termini di debito per le future generazioni. Questo vuol dire che se non investiamo, se non rilanciamo gli investimenti sia pubblici che privati che guardano soprattutto ai giovani e alle donne vuol dire aver perso, vuol dire essersi indebitati senza aver portato il Sud in una situazione di prospettive di sviluppo reale. Non si possono più aspettare le norme di attuazione che scrive qualcun altro, si devono fare programmi di sviluppo che nascono dai territori, che partono anche dalle società di sviluppo locale perché conoscono realmente quali sono i fabbisogni, altrimenti non collimano anche con gli obiettivi tematici dei vari programmi operativi”.

“Purtroppo – ha detto Donato La Mela Veca, ricercatore e docente di Selvicoltura all’Università di Palermo -la governance regionale non ci favorisce in questo, perché è in una situazione veramente difficile e che manca negli strumenti di programmazione e pianificazione a livello regionale. Occorre stimolare un po’ l’amministrazione regionale. Per esempio si può chiedere alla Regione di recepire al più presto il Testo unico forestale che due anni fa il governo nazionale ha approvato, che prevede anche tante innovazioni per il settore, come quello della pianificazione forestale a livello territoriale o l’istituzione di un registro delle imprese forestali, che aumenterebbero moltissimo la professionalità e la capacità tecniche delle imprese che lavorano in questo settore. E l’importanza anche della formazione forestale, quindi prevede una figura di addetto forestale perché fare nuovi impianti e gestirli richiede un minimo di competenza e formazione. Già chiedere il recepimento di questa legge potrebbe sicuramente dare degli sviluppi positivi”.

“E’ del tutto evidente – secondo il segretario regionale Cgil Alfio Mannino –  che se la Regione pensa di utilizzare queste risorse solo ed esclusivamente per infrastrutture che hanno le caratteristiche di grandi cattedrali nel deserto, che non migliorano la qualità della vita, la qualità dei trasporti, che non rafforzano il nostro apparato produttivo,  credo che rischiamo di sprecare questa ennesima occasione. Non c’è dubbio che noi abbiamo la necessità di cambiare in profondità il nostro modello di sviluppo. Per farlo abbiamo la necessità di rideterminare il rafforzamento della filiera bosco-legno, ragionando sulle filiere florovivaistiche che grandi potenzialità hanno nella nostra Regione. Così come noi, nell’utilizzo e nel ragionamento che vogliamo mettere in campo una politica di radicale trasformazione del nostro modello produttivo, dobbiamo anche iniziare a ragionare su che tipo di modello di politiche energetiche ci vogliamo dotare”.

“La multifunzionalità del bosco – ha detto Luca Altamore, professore associato dipartimento Saf facoltà di Agraria di Palermo – si può evidenziare anche con l’attivazione di nuovi servizi commerciali, la ristorazione, il turismo enogastronomico, turismo sostenibile. Logicamente oltre anche alla stessa gestione e manutenzione del patrimonio boschivo che naturalmente attiva anch’esso dei posti dei posti di lavoro. Lo sviluppo del settore forestale nelle aree interne può contribuire alla sostenibilità territoriale. Il ruolo del bosco nelle aree interne va inteso come un nuovo elemento del posto capace di attivare, di creare valore all’interno dell’area per l’economia della società naturale proprio nell’ottica di uno sviluppo territoriale partecipato di tutte le componenti presenti già all’interno del territorio. Il  bosco deve essere capace di produrre servizi ecosistemici strategici, di creare e lanciare sviluppo di filiere sostenibili produttivo già presenti nel territorio, deve essere capace di creare sviluppo ambientale, sviluppo socio-culturale, generare nuova occupazione all’interno delle aree rurali”.

“Vorrei trarre spunto e prendere ispirazione dal rapporto Svimez: un euro investito al Sud è in grado di produrre e di terminare un incremento di 1,30 euro al Centro Nord. Noi oggi abbiamo anche questa doppia responsabilità, forti anche di una consapevolezza nuova, ritrovata, che ci viene anche confermata da studi scientifici ed analisi di mercato”, ha detto Alessandro Ficile, coordinatore tecnico Snai Madonie.

“Qualunque forma che possa far sì che l’uomo ritorni sul territorio – ha sottolineato l’agronomo Giuseppe Castellana – rappresenta non soltanto una forma di investimento a lungo termine, non soltanto una forma di creazione di valore per il territorio, ma una forma anche di creazione di occupazione che è propria degli investimenti dei capitali come fonte di apporto di patrimonio che genera ricchezza. E allora credo che vada intanto affermato il fatto che questa programmazione da parte della Regione è avvenuta senza un confronto serio”.

“Sono convinto – ha detto Pietro Columba, professore ordinario Facoltà di Agraria di Palermo – che noi dobbiamo fare un modello che integra e che rafforza il legame fra la popolazione, la società, scienza sociale del rapporto col territorio e di come da questo rapporto risulti il benessere di tutti, garantisce la possibilità di fare reddito in agricoltura e nel sistema forestale. Non possiamo lasciare l’agricoltore siciliano a competere con agricolture super competitive, super invasive, come possono essere quelle del della Cina da una parte o del Vietnam dall’altra o dell’Ucraina dall’altro dell’Australia dall’altra ancora. Lo abbiamo visto è quello che è successo in tutti questi anni, per questo occorre creare quel sistema di offerta integrata dove fra territorio, la fruizione diretta, l’ambiente, la salute, l’alimentazione, il cibo tipico qualificato e così via, si faccia veramente valore in un modo che sia non bulimico, si faccia valore sul pregio e non sulla quantità”.

 

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